18 gennaio 2022

sinistro causato da cane randagio: può invocarsi il caso fortuito?


L'attore aveva citato l'ANAS per vederla condannare per risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2051 c.c. secondo cui  "(Danno cagionato da cosa in custodia). Ciascuno e' responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito." 

Le decisioni di primo e secondo grado avevano accolto i rilievi dell'ANAS e rigettato la richiesta di risarcimento.

La Cassazione n. 765 del 12.01.2022 ha chiarito quanto segue:


  • responsabilità art. 2051 c.c.

postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa (Sez. 3, Sentenza n. 15761 del 29/07/2016, Rv. 641162 - 01);


  • integrazione del danno

è necessario (e sufficiente) che il danno sia stato cagionato dalla cosa in custodia, assumendo rilevanza il solo dato oggettivo della derivazione causale del danno dalla cosa, mentre non occorre accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio del suo potere sul bene, giacché il profilo della condotta del custode è - come detto - del tutto estraneo al paradigma della responsabilità delineata dall'art. 2051 c.c. (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 4476 del 24/02/2011, Rv. 616827 - 01);

  • conseguenze onere probatorio

- il danneggiato ha il solo onere di provare l'esistenza di un idoneo nesso causale tra la cosa e il danno;

Non può escludersi, invero, che un'eventuale colpa venga fatta specificamente valere dal danneggiato, ma, trattandosi di azione ex art. 2051 c.c., la deduzione di omissioni o violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode può essere diretta soltanto a rafforzare la prova dello stato della cosa e della sua attitudine a recare danno sempre ai fini dell'allegazione e della prova del rapporto causale tra la prima e il secondo;

- al custode spetta di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, nel cui ambito possono essere compresi, oltre al fatto naturale, anche quello del terzo e quello dello stesso danneggiato;

Non è da escludere che, viceversa, il custode a deduca la conformità della cosa agli obblighi di legge o a prescrizioni tecniche o a criteri di comune prudenza al fine di escludere l'attitudine della cosa a produrre il danno.

In entrambi i casi si tratta di deduzioni volte a sostenere oppure a negare la derivazione del danno dalla cosa e non, invece, a riconoscere rilevanza al profilo della condotta del custode.

  • prova liberatoria

ipotesi di responsabilità oggettiva (per tutte, v. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 12027 del 16/05/2017, Rv. 644285 01) con possibilità di prova liberatoria, nel cui ambito il caso fortuito interviene come elemento idoneo ad elidere il nesso causale altrimenti esistente fra la cosa e il danno;

  • danno e responsabilità
resta fermo che, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l'assenza di colpa del custode rimane del tutto irrilevante ai fini dell'affermazione della sua responsabilità ai sensi dell'art. 2051 c.c.;


  • nesso causale

quanto ai criteri di accertamento del nesso causale, va richiamato il consolidato orientamento di legittimità (cfr., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008, Rv. 600899 - 01) secondo cui:

ai fini dell'apprezzamento della causalità materiale nell'ambito della responsabilità extracontrattuale, va fatta applicazione dei principi penalistici di cui agli artt. 40 e 41 c.p., sicchè un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non); 
il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 41 c.p. (in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale), trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente - desumibile dal capoverso della medesima disposizione - in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta ove questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto; 
al contempo, neppure è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che appaiano idonee a determinare l'evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale, che individua come conseguenza normale imputabile quella che - secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o ad una probabilità apprezzabile ex ante (ancorché riscontrata con una prognosi postuma) - integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento iniziale (sia esso una condotta umana oppure no), che ne costituisce l'antecedente necessario; 
ne deriva che tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, sovrapponenciosi ad essa ed elidendone l'efficacia condizionante;

  • imprevedibilità oggettiva

ovviamente, anche l'imprevedibilità che vale a connotare il fortuito dev'essere oggettiva - dal punto di vista probabilistico o della causalità adeguata - senza che possa riconoscersi alcuna rilevanza dell'assenza o meno di colpa del custode (sull'insieme ai tali principi, cfr. da ultimo, Sez. 3, Ordinanza n. 2477 del 01/02/2018, Rv. 647933 - 01);

poste tali premesse nel caso in esame:
- non c'era l'obbligo per la proprietaria della strada di apporre recinzioni alla strada in esame;
- non vi era prova circa l'esistenza di una pretesa rete divelta non riparata in corrispondenza del tratto di strada in cui ebbe a verificarsi il fatto dannoso dedotto dall'attore;
- la presenza di animali, lungo il fondo stradale poteva considerarsi quale evento normalmente prevedibile o evitabile; e tanto, in forza del principio della regolarità causale, secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica o a una probabilità apprezzabile ex ante, ancorché riscontrata con una prognosi postuma;


La Cassazione ha pertanto ritenuto che il giudice a quo, nell'esercizio della propria discrezionalità valutativa, abbia logicamente e correttamente rinvenuto, nell'evento costituito dall'invasione di un cane randagio sulla sede stradale in esame, una circostanza idonea a integrare gli estremi del caso fortuito, attesa l'oggettiva imprevedibilità e inevitabilità del fatto, così come desumibile anche ad esito dell'esame della specifica condizione fattuale e giuridica del bene custodito cada società convenuta;


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