21 luglio 2016

Danni a colture da fauna selvatica - legittimazione passiva Parchi o Riserve


Nelle zone interessate dai Parchi Nazionali, sempre più spesso i coltivatori si lamentano dei danni provocati dalla fauna selvatica, soprattutto ungulati.

In materia di danni derivanti da fauna selvatica, la disciplina cardine è quella della L.n. 157/92.

Citando la norma suindicata, col termine "fauna selvatica"
si individua quella categoria generale di animali, presenti sul territorio nazionale in stato di naturale libertà, facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato.

A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità e di merito, in tema di risarcimento del danno, ha affermato la legittimazione passiva in capo alle regioni: "sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimoni indisponibile dello Stato, la L.n. 157/92 affida alle regioni i poteri di gestione, tutela e controllo di essa; sicché la regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni cagionati da un animale selvatico ai veicoli in circolazione" Cass. Civ. 4664/2005; Cass. Civ. 21282/2007.

Inoltre, "la regione ha altresì l'obbligo di predisporre tutte le misure idonee atte ad evitare che gli animali selvatici arrechino danni a presone o a cose; quindi, nell'ipotesi di danno provocato dalla fauna selvatica ed il cui risarcimento non sia previsto da apposite norme, la regione è chiamata a rispondere in forza del neminem laedere" Cass. Civ. 13907/2002; Cass. Civ. n. 23095/2010.

Bisogna tuttavia precisare che, secondo quanto disposto dall'art. 15 della Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, che l'Ente Parco è tenuto ad indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del Parco; inoltre, al comma 4 si aggiunge che il regolamento del Parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi.

Sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato, la L. 11 febbraio 1992, n. 157 (recante "Norme per la protezione della, fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"), attribuisce alle Regioni a statuto ordinario l'emanazione di norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica (art. 1, comma 3) e affida alle medesime (cui la L. n. 142 del 1990, nel definire i rapporti tra Regioni, Province e Comuni, ha attribuito la qualifica di ente di programmazione e di coordinamento) i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando invece alle Province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ad esse delegate ai sensi della L. n. 142 del 1990 (art. 9, comma 1). Ne consegue che la Regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 cod. civ., dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme. (Cass. Civ. 8953/2008 - segui in basso)

Tali considerazioni assumono rilevanza anche in presenza di Parchi o Riserve, così come riconosciuto dal Giudice di Pace di Vallo Della Lucania dal momento che agli stessi sono destinati appositi fondi regionali per gli indennizzi per danni da fauna selvatica.

Il Giudice di Pace di Vallo Della Lucania, ha accolto l'assunto innanzi proposto con la sentenza che segue







SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 7 aprile 2008, n. 8953
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza ora impugnata per cassazione il giudice di pace di Ceva ha condannato il Ministero delle Finanze al pagamento di una somma di danaro in favore del F. a titolo di risarcimento del danno subito dal motociclo dell'attore. In particolare, questo aveva sostenuto che, nel percorrere una strada statale a bordo del proprio veicolo, s'era scontrato con due caprioli che gli avevano tagliato la strada, così rovinando al suolo. Costituitosi, il Ministero aveva eccepito il difetto della propria legittimazione, sul presupposto che la gestione e la tutela della fauna selvatica costituiscono materie delegate alla Regione.
Il ricorso del Ministero è articolato in un unico motivo. Risponde con controricorso l'intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del principio costituzionale e dell'ordinamento generale relativi al riparto delle competenze in materia di fauna selvatica, in particolare dell'art. 117 Cost. e della l. n. 157 del 1992, ed il vizio motivazionale, a norma dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Assume il ricorrente che sulla base delle suddette norme responsabile per i danni causati dalla fauna selvatica è la Regione e non lo Stato.
Il motivo è manifestamente fondato.
Va, anzitutto, premesso che nella fattispecie, per quanto la censura sia stata prospettata sotto il profilo di violazione di norme costituzionali e sostanziali, essa si risolve in una doglianza di difetto di legittimazione passiva, sulla base della normativa vigente.
In merito a tale legittimazione passiva va osservato che è giurisprudenza consolidata di legittimità che, sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato, la l. n. 157 del 1992 attribuisce alle Regioni a statuto ordinario l'emanazione di norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica e affida alle medesime i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando alle province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna a esse delegate ai sensi della l. n. 142 del 1990.
Ne consegue che la Regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee a evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da norme specifiche (Cass. 24 ottobre 2003, n. 16008; Cass. 24 settembre 2002, n. 13907).
Ne consegue che va accolto il ricorso a seguito dell'enunciazione del seguente principio: sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato, la l. 11 febbraio 1992, n. 157 (recante "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"), attribuisce alle Regioni a statuto ordinario l'emanazione di norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica (art. 1, comma terzo) e affida alle medesime (cui la l. n. 142 del 1990, nel definire i rapporti tra Regioni, Provincie e Comuni, ha attribuito la qualifica di ente di programmazione e di coordinamento) i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando invece alle provincie le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ad esse delegate ai sensi della l. n. 142 del 1990 (art. 9, comma primo). Ne consegue che la Regione, in quanto obbligata ad adottare tutte le misure idonee ad evitare che la fauna selvatica arrechi danni a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme.
La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata senza rinvio, ex art. 382, comma 3, c.p.c., poiché l'azione contro il Ministero non poteva essere proposta. Il ricorrente deve essere condannato a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché la causa non poteva essere proposta contro il Ministero delle Finanze. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 600,00, di cui euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

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