15 giugno 2016

Cause al di sotto dei mille euro esenti dalle imposte di registro e di bollo indipendentemente dal grado di giudizio e dal giudice adito


Secondo quanto determinato dalla Sentenza della Cassazione n.10044/2016 (che troverai in basso): 

l'esenzione generalizzata dal pagamento della tassa di registro riguarda tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore
modesto (al di sotto dei € 1033,00), indipendentemente dal grado di giudizio e dall'Ufficio giudiziario adito.



Sentenza Cassazione Civile Sez. VI - 5, Ord., 16-05-2016, n. 10044

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello - Presidente -

Dott. CARACCIOLO Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. CIGNA Mario - Consigliere -

Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -

Dott. CRUCITTI Roberta - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7287-2014 proposto da:

___________________, (OMISSIS), in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ______________________, presso lo studio dell'avvocato _______________, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ________________ giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 296/5/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI SEZIONE DISTACCATA di SALERNO dell'8/07/2013, depositata il 19/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. _____________________________;

udito l'Avvocato _____________-difensore della ricorrente che si riporta agli scritti e chiede l'accoglimento del ricorso.

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. ____________, letti gli atti depositati:
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

La CTR di Napoli ha accolto l'appello dell'Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 644/01/2011 della CTP di Salerno che aveva accolto integralmente l'impugnazione proposta dalla "Telecom Italia spa"- ed ha perciò confermato l'avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni adottato per effetto dell'omesso pagamento della tassa di registro pretesa in relazione ad alcune sentenze emesse dal Tribunale di Nocera Inferiore in sede di appello e su impugnazione di sentenza del locale Giudice di Pace.

La CTR ha motivato la sua decisione evidenziando che la L. n. 374 del 1991, art. 46 (istitutiva del "giudice di pace") - nel prevedere che le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di Euro 1.033,00 e gli atti ed i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti solo al pagamento del contributo unificato secondo gli importi previsti dall'art. 13 del T.U. di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 - si caratterizza per la sua specialità e non può essere soggetta ad interpretazione estensiva o analogica e si caratterizza pure per la sua ratio (quella di favorire la definizione di tale tipologia di cause in primo grado, dinanzi al giudice di pace), sicchè non può intendersi nel senso che il legislatore abbia inteso estendere l'esenzione anche al grado di appello da proporsi avanti al tribunale.

La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.

L'Agenzia si è difesa con controricorso.

Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. assegnati allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'art. 376 c.p.c. - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c..

Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla "sopravvenuta formazione di un giudicato esterno sulla questione oggetto del presente giudizio) la parte ricorrente assume di volersi avvalere del giudicato esterno formatosi a riguardo della medesima questione di diritto in altre controversie decise davanti a omologhi giudici del merito. Ma del tutto infondatamente: ed invero, il formarsi di un "giudicato esterno" suppone imprescindibilmente che la sentenza sia stata adottata tra le medesime parti a riguardo delle quali si domanda che il giudicato funga da ragione pregiudicante l'esito della lite, sicchè nella specie di causa (essendo carente questo presupposto) è lo stesso carattere precipuo dell'istituto che fa difetto.

Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell'art. 46 dianzi richiamato, anche con riguardo agli artt. 3 e 24 Cost.) la parte ricorrente si duole della ritenuta non applicabilità dell'esenzione dal pagamento della tassa di registro anche alle sentenze pronunciate in grado di appello avverso le pronunce del giudice di pace, nelle cause di valore non eccedente la somma di Euro 1.033,00, nonostante il fatto che appare "irragionevolmente lesivo del diritto alla difesa...limitarne l'ambito di operatività al primo grado di giudizio".

Il motivo appare fondato e da accogliersi, anche alla luce di quanto già ritenuto dalla Corte Suprema con numerose pronunce (tra le altre si veda Cass. Sez. 6 - 5, Sentenza n. 16978 del 24/07/2014).

Va anzitutto premesso che la L. n. 374 del 1991, art. 46 prevede una vera e propria esenzione dal pagamento della tassa di registro in relazione ai provvedimenti giudiziari come quello di cui qui si discute, siccome era fatto più esplicitamente chiaro dalla versione del testo normativo antecedente alla novella apportata dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, a mente della quale era previsto che:

"Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovvero alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di due milioni di lire sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura". Con la nuova versione della norma ("Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di Euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall'art. 13 del testo unico di cui alD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni"), applicabile alla specie di causa ratione temporis, il Legislatore, se anche ha omesso l'utilizzo del termine "esenzione", non ne ha alterato la natura, per quanto ne ha certamente ampliato l'effetto esonerativo, ponendo al centro di quest'ultimo la procedura giudiziale alla quale poi "gli atti ed i provvedimenti" si riferiscono, in modo tale che non possa essere eluso il senso totalmente comprensivo dell'esenzione medesima.

Ciò posto, occorre evidenziare che l'assunto del giudice di merito - secondo il quale l'esenzione dal pagamento della tassa di registro implica l'esistenza del duplice presupposto oggettivo (il limite di valore della causa come dianzi indicato) e soggettivo (l'adozione della sentenza da parte del giudice di pace)- non trova alcun riscontro esplicito od implicito nella previsione normativa, atteso che l'art. 46 dianzi menzionato - nel suo significato testuale, ampiamente comprensivo, dianzi messo in luce - si riferisce genericamente alle cause ed alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede Euro 1.033,00, ciò che abilita l'interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell'esenzione e per quanto qui rileva, alle sentenze adottate in tutti i gradi di giudizio.

Ed invero, la sedes materiae (e cioè il fatto che si tratti proprio della legge istitutiva del giudice di pace) non appare elemento idoneo ad escludere la conclusione che precede, attesa la lettera omnicomprensiva della previsione normativa che appare coinvolgere l'intero sviluppo del procedimento giudiziale che in primo grado è attribuito alla competenza del predetto organo giudiziale, sotto l'egida dell'unica condizione che si tratti di "cause....il cui valore non ecceda la somma di Euro 1.033,00". E ciò anche alla luce del fatto che nell'ambito del medesimo tessuto normativo il legislatore ha più volte distinto, in relazione all'applicazione di questo o quell'istituto, tra la specifica attribuzione del giudice di pace e quelle degli altri organi giudicanti (si consideri, ad esempio, l'art. 20 della legge anzidetta nel quale - a proposito della disciplina del patrocinio dettata dal novellato art. 82 c.p.c. - si distingue per ordini di valori e per organi giudiziari avanti ai quali le procedure si svolgono, ciò che certamente il legislatore non avrebbe mancato di riproporre anche a proposito dell'esenzione qui in parola, ove la "intentio" fosse stata nel senso di prevederla esclusivamente per il grado di giudizio destinato a svolgersi innanzi al giudice di pace).

D'altronde, la ratio manifesta della disciplina qui in esame non è quella di agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale avanti al giudice di pace (perchè, altrimenti, sarebbe stato incongruo contemplare un limite di valore e sarebbe stato irragionevole esonerare l'utente da una tassa da pagarsi "a posteriori", pur conservando l'onere del contributo dovuto a mente del D.P.R. n. 115 del 2002, la cui efficacia anche deflattiva è assicurata dalla previsione del versamento da farsi al momento dell'iscrizione a ruolo) ma bensì quella di alleviare l'utente dal costo del servizio di giustizia per le procedure di valore più modesto, in relazione alle quali è evidentemente apparso incongruo pretendere l'assolvimento di un tributo che, per il fatto di essere determinato in termini ordinariamente percentuali rispetto alla rilevanza economica della causa avente valore determinato, ammonta comunque ad importo irrisorio e spesso inadeguato a giustificare una complessa procedura di esazione.

In relazione a siffatta ratio appare del tutto coerente la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga alla previsione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, dal pagamento della tassa di registro per tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore modesto, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito, sicchè la norma qui in esame non può considerarsi - ai fini che qui occupano - nè oggetto di applicazione analogica nè soggetta ad interpretazione di genere estensivo ma semplicemente applicata nel suo lineare e chiaro tenore testuale. Si tratta di ratio analoga a quella in virtù della quale l'Agenzia delle Entrate (pronunciandosi con la Risoluzione del 30/10/2008 n. 408 in relazione all'analoga fattispecie esonerativa della L. n. 689 del 1991, art. 23, nella lettera vigente fino al 06/10/2011 della norma poi soppressa dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 34) ha ritenuto che "nel giudizio di opposizione all'irrogazione di sanzioni amministrative l'esenzione da ogni tassa e imposta degli atti del processo e della decisione si applica anche ai gradi del processo successivi al primo", ciò che costituisce ulteriore conferma della validità dell'assunto del giudice del merito, su cui qui si concorda.

E pertanto, come correttamente rileva la parte ricorrente, non varrebbe neppure invocare come limite impediente il principio di stretta interpretazione testuale a riguardo delle norme concessive di benefici fiscali (quand'anche nella specie detta interpretazione testuale fosse coerente con l'assunto di parte pubblica), alla luce del fatto che - come ha rammentato anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16722 del 16/07/2010 - "secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e di questa Corte, anche le norme concernenti agevolazioni e benefici tributari, pur essendo frutto di scelte discrezionali del legislatore, possono essere oggetto di interpretazione estensiva quando ciò sia imposto dalla ratio legis (cfr., da ult., Corte cost. n. 202 del 2003 e Cass. n. 8361 del 2002)".

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza del primo motivo e manifesta fondatezza del secondo.

Roma, 10 novembre 2015.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della integrale compensazione, atteso che la materia è stata regolata recentemente con il menzionato orientamento giurisprudenziale.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impositivo qui impugnato. Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

Irripetibili quelle di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2016

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